domenica 18 marzo 2012

I Figli Di Medusa


Ammetto che il titolo originale di quest'opera firmata Theodore Sturgeon (The Cosmic Rape, 1958, New York: Pocket Books -1977 ) è decisamente più suggestivo ma, per i non anglofoni, il libro da cercare è "I Figli di Medusa" (2004 Urania Collezione 018, Arnoldo Mondadori Editore).


I lettori di fantascienza (a pari merito con quelli di fantasy, qualunque cosa voglia indicare questa definizione) solitamente sono i primi a ghettizzarsi e a limitare (perchè il verbo selezionare sarebbe decisamente usato in maniera impropria in questo caso) le proprie letture: chiusi nella loro prigione dorata disdegnano ogni tipo di vicenda non legata al loro genere di riferimento, felici di ammucchiare volumi (spesso superflui, spesso lambiccati, a volte decisamente futili) buoni unicamente ad alimentare un gioco virtuale tra tutti gli altri "fan" sparsi per il globo incentrato sugli scambi di citazionismo sterile: 'E questo lo conosci?   ...Ahhhhh non sai cosa ti sei perso!'

Considerando questo non è difficile arrivare a capire da dove provenga l'immagine dell'appassionato medio di science fiction, riconosciuto comunemente nella figura di un nerd sfigato, moderatamente autistico e dalla prolungata astinenza sessuale. Fatto decisamente paradossale se teniamo conto dell'impegno profuso dai grandi interpreti di questo genere nello sfondare le barriere comunicative e i confini di settore. Chi ha saputo distinguersi nella fantascienza ha soventemente fatto uso della stessa come mezzo espressivo per comunicare le angosce del presente e le paure nei confronti del domani, o anche per cercare di descrivere, libero dai vincoli del reale, la natura dell'uomo.
Sturgeon è uno di questi scrittori e The Cosmic Rape ne è un'evidente dimostrazione.

Il tema dell'incomunicabilità tra le persone è sviluppato con
notevole originalità in questo romanzo breve che fa della simbiosi tra Gurlick, barbone scontroso e alcolizzato, e un'entità aliena senziente (la Medusa del titolo) il suo motore narrativo. Lo spunto è usato come pretesto per descrivere le difficoltà delle relazioni interpersonali e le incoerenze comportamentali:
"Nonostante tutta l'abilità nel lavorare di concerto con i suoi simili e nel creare una relazione con le loro vibrazioni, l'uomo rimane isolato: nessuno sa esattamente cosa sentono gli altri. L'acme delle sue sensazioni si avvicina all'incoscienza...ma incoscienza di che cosa? Di tutto quello che lo circonda, mai di sé."
Giocando con i punti di vista e alternando una nutrita schiera di personaggi  Sturgeon viviseziona certosinamente il funzionamento dell'inconscio umano in una narrrazione decisamente coraggiosa che niente concede alla spettacolarità e alla faciloneria. Nella somma finale forse l'autore non riesce a bilanciare pienamente tutte le diverse parti e, oltretutto, pagando un debito nei confronti del suo tempo e delle tendenze "flower power" anni sessanta, l'epilogo può lasciare delusi tutti gli amanti delle conclusioni dal sapore amaro.
Nonostante questo ci si trova di fronte ad una pagina di fantascienza conscia, decisamente umana, non pretenziosa ma nemmeno riciclata. Un libro genuino, capace di darsi in pasto a qualunque lettore a testa alta e degno di fare bella mostra di sé in qualsiasi libreria.

Perchè la letteratura (di qualunque tipo) dovrebbe aiutare a togliere i paraocchi e non fornirne di più sofisticati: non siete d'accordo?





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